Cosa: Un bianco tipico siciliano
Perché: Per il suo profilo elegante e complesso
Perfetto con: Seppie ripiene
Cosa: Un bianco tipico siciliano
Perché: Per il suo profilo elegante e complesso
Perfetto con: Seppie ripiene
Al-Cantara prende il nome dall’omonimo fiume che lambisce la Contrada Feudo Santa Anastasia a Randazzo (CT), dove si trovano i terreni aziendali. È un termine che in arabo significa ‘ponte’: e proprio come con un ponte, tradizionale simbolo di unione, l’azienda vuole collegare arte, vino e poesia. Il Luci Luci, sicuramente è vino: Etna Bianco, per la precisione. E dopo il primo sorso, non ci sono dubbi: è anche pura arte, e pura poesia!
Ha riposato un anno e mezzo prima di concedersi a noi comuni mortali. E adesso, senti che roba: un bouquet pazzesco, che in un attimo evoca un territorio, un contesto: pietra focaia, iodio, agrumi, note salmastre. E poi la bocca, che si apre morbida e piena, quasi a sussurrare storie di antica saggezza siciliana. La bottiglia per chi non si accontenta del solito bianco. Il Luci Luci, come tutte le bottiglie della linea “cru” di Al-Cantara, si ispirano all’opera del poeta belpassese Nino Martoglio (1870 – 1921), d’ispirazione anche per il giovane artista catanese Alfredo Guglielmino, che ha realizzato le etichette: l’etichetta del Luci Luci, in cui è raffigurato un pastore che riposa sereno, circondato da lucciole, in una limpida notte siciliana, si riferisce al sonetto “Luci luci picuraru”. Al-Cantara, di proprietà della famiglia Giuffrida, si trova a Randazzo (CT), a circa 800 m s.l.m, e si estende su una superficie di 14 ettari. Si coltivano principalmente le varietà autoctone alla base della DOP Etna (nerello mascalese, nerello cappuccio e carricante), che rappresenta il cuore della produzione aziendale. Per il resto pinot nero, grecanico e traminer. Di recente è entrata in produzione anche la linea “classica”. In questo caso i vini prendono il nome dalle poesie di quattro autori diversi: “Lu veru piaciri”, Etna DOC rosso, e “La fata galanti”, Nero d’Avola, rispettivamente di Micio Tempio, catanese, e di Giovanni Meli, palermitano, due tra i più grandi poeti siciliani che vissero tra il Settecento e l’Ottocento. “Muddichi di suli”, Nerello Mascalese, e “Occhi di ciumi”, Bianco Viognier, l’una di Salvatore Di Pietro, l’altra di Alfio Antico, autori contemporanei.
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