L’Aglianico è uno dei grandi rossi italiani da lungo invecchiamento. Tannino deciso, acidità viva, profilo scuro e speziato, radici antiche tra Campania e Basilicata. È spesso chiamato “il Barolo del Sud” per la capacità di evolvere nel tempo, ma resta in realtà un unicum per suoli, clima e tradizione. Ecco 10 curiosità per conoscere questo grande vino!
1) Che tipo di vino è l’Aglianico?
L’Aglianico è un rosso di struttura: concentra tannino e acidità più della media, dote che lo rende naturalmente adatto all’affinamento. Al calice si presenta rubino fitto quando è giovane; con l’evoluzione vira al granato, mantenendo una luminosità tipica dei grandi rossi da invecchiamento.
Al naso può alternare frutto scuro (amarena, prugna, mora) a viola e cenni di macchia mediterranea; sullo sfondo, spesso una traccia minerale che nei territori vulcanici si avverte netta. In bocca ha ritmo e spinta: il tannino è evidente ma non ruvido se il vino è ben fatto; l’acidità allunga il sorso e lo rende gastronomico.
Si esprime in chiavi diverse: versioni fresche e fruttate pensate per la tavola di tutti i giorni; interpretazioni più importanti con affinamento in legno (grande o piccolo), fino alle riserve dal passo più meditativo.
2) Perché il vino si chiama Aglianico?
L’ipotesi più accreditata lega il nome a “ellenico”: l’arrivo della vite nel Sud Italia in epoca antica avrebbe lasciato traccia nella denominazione, poi evoluta linguisticamente in “Aglianico”. Al di là dell’etimo, il dato storico è chiaro: questo vitigno ha messo radici profonde nel Mezzogiorno, adattandosi a territori diversi e generando denominazioni con identità forti.
Un aspetto interessante: il vitigno mostra una grande sensibilità al luogo. Cambia accento aromatico e tessitura in base a altitudine, esposizione, escursione termica e, soprattutto, composizione dei suoli (vulcanici, argillosi, calcarei). È questa plasticità territoriale a spiegare la ricchezza di stili che troviamo in bottiglia.
3) Dove si produce il vino Aglianico?

I poli storici sono due: Campania e Basilicata. In Campania brillano l’Irpinia e il Sannio, con altitudini generose e microclimi ventilati; in Basilicata domina l’area del Vulture, un territorio di origine vulcanica che imprime ai vini una marcata impronta minerale.
Le denominazioni di riferimento:
- Taurasi DOCG (Irpinia): altitudini medio-alte, escursioni termiche, stili austeri e profondi.
- Aglianico del Taburno DOCG (Sannio): profili spesso più croccanti nel frutto, con tannino incisivo ma slanciato.
- Aglianico del Vulture Superiore DOCG e Aglianico del Vulture DOC (Basilicata): struttura salda, sapidità/“cenere” vulcanica, grande longevità.
Attorno, una costellazione di DOC/IGT nel Sud dove l’Aglianico compare in purezza o in blend. In tutti i casi, altitudine ed escursione termica aiutano a preservare acidità e profumi.
4) Che sapore ha l’Aglianico?
Da giovane racconta amarena, prugna, mora, viola, pepe nero, anice; talvolta erbe mediterranee e una scia ferrosa o “lavica” a seconda del suolo. Il sorso è energico, con tannino serrato ma non aggressivo se il lavoro in vigna e cantina è misurato.
Con l’evoluzione emergono cuoio, tabacco, liquirizia, cacao amaro, balsamicità e un tocco ematico. La texture si fa più vellutata, il frutto passa dal fresco al maturo/sottobosco, la speziatura si allarga. È un vino “a strati”: ogni anno aggiunge complessità, senza perdere la sua spina acida.
5) Quanti gradi ha il vino Aglianico?
Nella maggior parte dei casi l’alcol si colloca tra 13,5% e 15% vol.. Le selezioni di parcella o le annate più calde possono spingersi oltre, ma l’equilibrio resta la chiave: quando acidità e tannino sono in bolla, la percezione alcolica scivola in secondo piano.
Per l’abbinamento è utile saperlo: un tenore alcolico medio-alto chiede piatti con grasso e succulenza, capaci di dialogare con calore e struttura del vino.
6) Come va servito l’Aglianico?
- Temperatura: 16–18 °C per le versioni importanti; 14–16 °C per quelle più giovani e fruttate. Evita temperature eccessive: il calore amplifica la percezione alcolica e “indurisce” il tannino.
- Bicchiere: calice ampio tipo ballon o borgogna per favorire ossigenazione e profondità aromatica. Per le versioni giovani può bastare un tulip più versatile.
- Ossigenazione: sulle etichette strutturate decantazione consigliata (da 1 a 3 ore a seconda di annata e stile) per distendere i tannini e liberare i profumi. Sui vini giovani basta spesso un’ossigenazione nel calice.
Un trucco pratico: se il tannino ti sembra ancora contratto, abbina un piatto più ricco di sugo, gelatina o grasso nobile (es. guancia, pappardelle al ragù). Il vino si farà più armonico.
7) Quanto può invecchiare un Aglianico?
Molto, ed è la sua cifra. Le buone interpretazioni tengono oltre 10–15 anni; le grandi selezioni e le annate top superano i 20 anni con evoluzioni affascinanti. Tannino e acidità agiscono come “conservanti” naturali: con il tempo i primi si fondono, la seconda sorregge il sorso, gli aromi virano dal frutto alla complessità terziaria.
Se vuoi costruire una mini verticale in casa: acquista 3 bottiglie della stessa etichetta (annata recente), stappane una ora, una tra 3-4 anni e la terza tra 8-10 anni. Capirai “in diretta” come cambia il vino e quanto l’attesa venga premiata.
8) Quanti tipi di Aglianico ci sono?
Parliamo di aree e stili più che di cloni “commerciali” come per altri vitigni.
Aree principali
- Taurasi (Irpinia): carattere austero, fittezza tannica, grande definizione aromatica; spesso necessita di tempo.
- Taburno (Sannio): frutto più immediato, trama tesa e dinamica, spesso più “croccante” nei primi anni.
- Vulture (Basilicata): salda struttura, scia sapida/minerale da suolo vulcanico, finale profondo.
Stili
- Giovane: acciaio o legno grande breve; frutto in primo piano, tannino già godibile.
- Affinato in legno: speziatura dolce/sottile, maggiore complessità.
- Riserva/Selezione: estrazione più attenta, legni di qualità, tempi lunghi; profondità e longevità.
- Rosato in alcune zone: lettura gastronomica, con agrume rosso e erbe; perfetto con cucina mediterranea saporita.
9) Cosa abbinare con l’Aglianico?
Con i rossi strutturati o riserva, scegli piatti ad alto tenore proteico e grassezza: brasato, stracotto, guancia, ragù napoletano, agnello al forno, cinghiale in umido, capretto, lasagne ricche, formaggi stagionati (pecorino, caciocavallo). Il tannino lega con le proteine e si fa più setoso; l’alcol regge intensità e sapidità.
Le versioni giovani sono versatili: grigliate di manzo e maiale, salsiccia e friarielli, amatriciana, parmigiana di melanzane, pasta al forno. Nel Vulture la vena minerale accompagna benissimo piatti saporiti ma non pesanti, come agnello alla scottadito, tagliata con erbe, funghi arrostiti.
Consiglio: se il piatto è molto saporito, orientati su un Aglianico più fruttato; se è lungo e complesso, scegli un Aglianico Riserva o un Taurasi che abbia già qualche anno sulle spalle.
10) Che differenza c’è tra Aglianico e Taurasi?
Aglianico è il vitigno ma anche l’omonimo vino. Taurasi è una DOCG dell’Irpinia che utilizza principalmente Aglianico e richiede affinamenti significativi prima della messa in commercio, generando rossi strutturati, austeri e da lungo invecchiamento. Tradotto: tutti i Taurasi sono Aglianico, ma non tutto l’Aglianico è Taurasi. Lo stesso vitigno, in altri territori (Taburno, Vulture), esprime registri diversi per suoli e clima.
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