Diciamocelo, noi enofili proprio non li capiamo quelli che, al primo freddo, alla prima pioggerellina, perdono fiducia nell’esistenza, fissando improbabili isole paradisiache sullo sfondo del desktop in ufficio. Per noi arriva la stagione dei funghi e delle castagne, della pasta al forno e degli arrosti, quella stagione insomma in cui ogni occasione è buona per stappare una bottiglia di sincero e corposo vino rosso. Come il Nebbiolo Temprà di Villadoria. “Temprà” in piemontese vuol dire temprato e si riferisce al nebbiolo, vitigno che crea vini di particolare tempra e forza. Berlo è rassicurante come un ritorno a casa dopo un lungo viaggio: ogni cosa è al suo posto, tutto è come deve essere, e come è sempre stato. Squisitamente tradizionale, asciutto e pulito, la bottiglia che non può mancare in tavola in occasione della prossima scorpacciata domenicale. E vai tranquillo: la prova costume non è mai stata così lontana. Villadoria: la sicurezza di una tradizione famigliare lunga quattro generazioni. Una storia che inizia con Daniele Lanzavecchia, classe 1887, che nel 1905 apre il primo vivaio di barbatelle. Nel 1959 il figlio Pietro acquista le vigne a Serralunga d’Alba (CN) e crea il marchio Villadoria. Da allora il filo della tradizione non si è mai spezzato, e continua oggi con Daniele “jr” e la figlia Paola. Gli ettari vitati sono 19, e si producono i vini della tradizione langarola.