Offerti a fine pasto nei ristoranti o come momento conviviale dopo le cene tra amici, gli amari sono quasi un’istituzione in Italia, protagonisti di consuetudini mangerecce molto care ai gourmand di casa nostra. Un tempo elisir curativi, oggi sono piccoli drink consumati a scopo ricreativo e per creare un momento di condivisione.
Vuoi sapere quali sono i migliori amari italiani e conoscere le loro caratteristiche? Ecco la guida che fa per te!
Storia degli amari: un’antica medicina molto diffusa in Italia
A fine pasto non ti alzi da tavola senza prima aver consumato un amaro? Quello che stai per leggere potrebbe essere un ottimo aneddoto da raccontare ai tuoi amici tra un sorso e l’altro.
Gli amari affondano le proprie radici negli infusi e nei decotti a base di erbe utilizzati dai medici della Roma Antica, successivamente sviluppati nel Medioevo dagli alchimisti arabi ed europei. Si racconta che nel XIV secolo l’alchimista Arnaldo da Villanova cercò di curare il pontefice Bonifacio VIII da una colite con un infuso di erbe e acqua vite, diffondendo così l’usanza presso i monasteri di produrre elisir e tonici contro molti mali.
Solo svariati secoli dopo, nel XVIII secolo, l’amaro perse parte della propria natura medicamentosa per assumere un nuovo ruolo. Dopo numerosi studi e tentativi, il frate speziale Jerome Maubec, del monastero Grande Certosa di Grenoble, produsse lo Chartreuse Vert, dando il via all’usanza di consumare questo tipo di liquori amari anche a scopi ricreativi. Questo tipo di liquore conquistò tuttavia il mercato con il nome di Amaro solo verso la fine dell’Ottocento.
Ma cos’è nello specifico un amaro e perché è tanto radicato in Italia come dopocena? Questo prodotto viene definito così perché presenta un contenuto di zuccheri minore rispetto agli altri spirits, con una percentuale inferiore al 10%. La sua enorme diffusione in Italia si deve in parte al fatto che l’erboristeria e la distillazione erano molto praticate presso la Scuola Medica Salernitana, una delle più importanti istituzioni mediche dell’Europa altomedievale, ma anche perché la biodiversità della Penisola offriva e continua a offrire gli ingredienti perfetti per la produzione degli amari. Dalle montagne alle coste, è possibile sfruttare una gamma straordinaria di erbe, radici, fiori e bacche, un patrimonio che ha reso l’Italia la culla degli amari!
Le diverse tipologie di amaro
Prima di procedere con la degustazione, è bene considerare che non esiste un’unica tipologia di amaro, ma una classificazione che divide questi prodotti in base alle loro caratteristiche, soprattutto il contenuto di zuccheri e il grado alcolico:
- Amaro forte: detto anche amarissimo, è un liquore che presenta un contenuto molto basso di zuccheri, che denota un gusto amaricante molto intenso. Per questo viene considerato ideale come digestivo a fine pasto. Solitamente presenta una gradazione alcolica superiore ai 40°. Es. Fernet Branca.
- Amaro medio: presenta una gradazione alcolica tra i 30° e i 36° e un gusto amaro secco, ma non eccessivo. Es. Amaro Montenegro.
- Amaro leggero: in questa tipologia la concentrazione di zucchero aumenta, rendendo più tenui i sentori amari. Anche la gradazione alcolica è contenuta, tra i 16° e i 31°. Es. Amaro Braulio.
- Amaro dolce: questa definizione potrebbe apparire paradossale, dato che un amaro, per definizione, dovrebbe mantenere il sapore che ha ispirato il suo nome. Controsenso o no, questa categoria presenta un retrogusto amaricante, ma con una dolcezza maggiore rispetto agli altri amari. Es. Amaretto Disaronno.
Quali sono i migliori amari italiani? Ecco le nostre proposte!
Le proprietà digestive dell’amaro sono ormai un falso mito sfatato dalla scienza, ma - un po’ per abitudine, un po’ per consuetudine conviviale - non esiste cena italiana degna di questo nome senza un bicchierino a fine pasto. Se vuoi trovare il tuo amaro del cuore, ma non sai da dove iniziare, ecco i grandi classici con cui andare sul sicuro!
Amaro Montenegro
Uno degli amari italiani più celebri è il Montenegro, nato a Bologna nel 1885 con l’evocativo nome di “Elisir Lungavita”. La modifica dell’appellativo avvenne quando il fondatore del Gruppo - Stanislao Cobianchi - decise di dedicare questo liquore alla regina Elena del Montenegro.
Come tutte le migliori creazioni, la ricetta originale dell’Amaro Montenegro è gelosamente custodita dal’azienda, ma di lui si sa che viene prodotto dalla lavorazione di 40 aromatiche accuratamente selezionate, tra cui cannella, noce moscata, chiodi di garofano, maggiorana, origano, coriandolo, artemisia e arancia. L’attenta miscela di queste botanicals dà vita a un equilibrio sensoriale stupefacente, tra il tipico sentore amaro, speziato ed erbaceo di questi prodotti e una nota dolciastra conferita dalla frutta.
Provalo con un cubetto di ghiaccio da solo o in abbinamento a un gelato alla crema o un crème caramel. Non male anche come ingrediente per la creazione di cocktail particolari!
Vecchio Amaro del Capo
Alcuni amari vanno gustati così come sono, recuperati dalla vetrina dei liquori e serviti a temperatura ambiente. Altri invece sono eccezionali dopo un giretto in freezer. Se ti stai chiedendo quali amari vanno serviti ghiacciati, ti trovi al cospetto dell’etichetta giusta!
Il Vecchio Amaro Del Capo - qui presentato in una bellissima confezione con due bicchierini, ideale per un regalo - è una vera star nel settore beverage del Belpaese, un liquore che attinge a piene mani dal patrimonio naturalistico della Calabria, sua terra d’origine. Questo amaro vede infatti la luce dopo che il Gruppo Caffo acquisì una distilleria a Vibo Valentia, iniziando a produrre liquori alle erbe, tra cui un amaro ispirato alla località calabrese di Capo Vaticano.
Il suo slogan “capolavoro ghiacciato” la dice lunga su quale sia il modo migliore di consumare questo amaro: fresco di freezer, con una temperatura ideale di -20°C che esalta gli aromi delle sue 29 botaniche calabresi. Raccolte in stagioni differenti, vengono macerate subito e poi assemblate per dare vita a questo capolavoro rinfrescante, dagli aromi balsamici di menta liquirizia e anice ottimi da gustare da soli o in mixology, per un Calabro Spritz!
Braulio Amaro Alpino Riserva Speciale
Altro giro, altra ricetta segreta, quella di un amaro che deve la propria intensa carica organolettica ai 24 mesi di invecchiamento in botte di rovere di Slavonia: l’Amaro Braulio. Dalla Calabria si passa in questo caso alla Valtellina, in un contesto ricco di erbe, bacche e radici di qualità. Circondato da un patrimonio di botanicals eccezionale e depositario dell’esperienza del padre come farmacista, Francesco Peloni diede vita a questo amaro alpino nel 1875, a Bormio.
Il segreto del successo di questo Braulio Amaro Alpino Riserva Speciale sta nei sentori legnosi ed erbacei ammalianti, arricchiti da accenni di radici e resina. Il sapore, amplificato proprio dal periodo di maturazione, avvolge il palato con una carica balsamica degna di nota, accompagnandosi bene a un dolce pera e cioccolato.
Amaro Importante "Jefferson"
Il nome di questo amaro potrebbe trarre in inganno, suggerendo un’origine lontana, quanto in realtà ci si trova di fronte a un altro grande liquore calabrese. Il motivo dietro questo appellativo risale al 1871 quando una nave mercantile partita da Panama e diretta a Genova naufragò al largo delle coste calabresi. A bordo c’era un marinaio americano di nome Jefferson, che trovò impiego con dei colleghi presso il Vecchio Magazzino Doganale, dove si lavoravano spezie e aromi. Molti anni dopo il pronipote del proprietario, Ivano Trombino, ideò una miscela che avrebbe preso il nome di quel marinaio.
L’Amaro Importante "Jefferson" viene ottenuto lavorando le botaniche separatamente - tra cui limone, bergamotto, arancia, pompelmo, rosmarino, origano, vaniglia, genziana e molte e altre materie prime - fino a regalare ai consumatori una sinfonia aromatica irresistibile, che profuma di costa e macchia mediterranea e che dà il meglio se consumata ghiacciata, da sola o come base per cocktail diversi dal solito.
Ora che gli amari italiani non hanno più segreti per te, trova il tuo preferito sul catalogo Svinando. E non dimenticare di berlo fresco!